Qual è la storia del baccalà Veneto?
Ninfa De Angelis
2025-08-17 12:56:36
Numero di risposte
: 19
La storia del Baccalà per noi Veneti inizia intorno all’anno 1432. Pietro Querini, Patrizio veneziano e membro del Maggior Consiglio della Serenissima, era diretto con una nave da Candia verso le Fiandre. Lungo la rotta, a causa di ripetute tempeste, rotto il timone e l’albero maestro l’equipaggio riuscì a salvarsi toccando terra nell’isola deserta di Sandøy, nell’arcipelago norvegese delle Loften. Querini e i suoi compagni furono soccorsi dai pescatori dell’isola di Røst, popolo dedito alla pesca e all’essiccazione del merluzzo e soggiornarono per circa quattro mesi con loro prima di riuscire a ripartire. Rientrato a Venezia, Querini iniziò a importare lo stoccafisso, che godette subito di un grande successo divenendo apprezzato per diverse ragioni: la sua bontà gastronomica,le sue caratteristiche di cibo a lunga conservazione (utile nei viaggi di mare che di terra), il prezzo economico rispetto ai pescati freschi. Il baccalà mantecato è una delicata crema, di consistenza compatta, che viene preparata sbattendo con un cucchiaio di legno lo stoccafisso lessato nel latte e con dell’olio versato a filo. Il baccalà alla vicentina sono pezzi di stoccafisso infarinati e cotti a fuoco lentissimo con abbondante cipolla in un tegame di coccio, ricoperto di latte e olio in uguali quantità. Il baccalà in rosso sempre con pezzi di stoccafisso che vengono cucinati con sedano, carote, cipolla, aglio, pomodoro e acciughe, ancora una volta una versione semplice e gustosissima. Da noi lo potrete gustare in tre varianti: mantecato, alla vicentina ed in rosso. Un tris aiuta a scoprire questo pesce d’Oceano e d’acque fredde che può essere cucinato in modo ugualmente delicato o intenso.
Elisabetta Martini
2025-08-10 05:25:28
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: 28
La ricetta affonda le radici nel medioevo vicentino ed è diventata nei secoli uno dei piatti più tipici della terra veneta. La tradizione racconta che sia stato il mercante veneziano Pietro Querini, a seguito di un naufragio nel 1400 ad approdare nelle Isole Lofoten. Date precise sono difficili da definire, infatti altre leggende sostengono la presenza del baccalà alla vicentina come tradizione da ben prima delle vicende del mercante Querini. Si racconta infatti che già nel XIII secolo la pietanza fosse famosa, tanto che dava i suoi frutti anche nelle strategie belliche. L’aneddoto narra che nel 1269, quando i vicentini stavano tentando la presa del castello di Montebello difeso dai veronesi, alle intimidazioni di questi ultimi per far sì che i vicentini se ne andassero essi rispondessero: “Oh che bello, noi portiamo polenta e baccalà”. Per lungo tempo infatti la facilità di conservazione della materia prima del baccalà alla vicentina l’ha reso l’opzione migliore per le occasioni in cui le limitazioni religiose impedivano di mangiare carne. Nel 1987 nasce nella città veneta la Confraternita del Bacalà alla vicentina, che si autodefinisce “un sodalizio in difesa della buona cucina vicentina”. L’obiettivo di questa organizzazione, da più di trent’anni a questa parte, è quello di salvaguardare e diffondere l’antica e originale versione di questa ricetta.
Gianmaria Bellini
2025-08-03 02:10:47
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: 18
Messer Piero Querini, mercante veneziano, nel 1431 cercava fortune commerciali fuori Mediterraneo. Partito da Candia con una nave carica di merci con l’intento di raggiungere le Fiandre, vide via via svanire il suo sogno commerciale, sogno che si tramutò in un tragico naufragio. I superstiti vennero accolti, nutriti e curati dagli abitanti di un’altra isola, vicina alla loro, che avevano un modo ben strano di conservare il proprio alimento principale, il merluzzo. Mondato, salato e seccato all’aria per mesi, il pesce diventava duro come un bastone. La gente di là chiamava questo cibo “Stockfiss”, insomma lo stoccafisso, erroneamente da noi chiamato Bacalà. Il mercante veneziano tornò a casa dopo un lungo viaggio per mare e per terra e portò con sé il nuovo curioso alimento, scambiandolo lungo il tragitto fino a Venezia, con vitto, alloggio e trasporti di vario genere. Non potremmo non ricordare quanto questo pesce abbia avuto ruolo salvifico nelle mense della popolazione meno abbiente vessata dalle intransigenti regole alimentari imposte dalla Riforma Tridentina. Piatto popolare e conservabile, di larga resa e costo contenuto.
Donato Pellegrino
2025-07-27 19:40:34
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: 22
Lo stoccafisso, chiamato in Veneto baccalà, anzi bacalà, ha una storia antichissima. Arrivato nelle tavole, dapprima veneziane e poi italiane, venne nominato per la prima volta nella relazione ai Magistrati di Venezia, che nel 1432 Pietro Querini fece al ritorno dal naufragio in Norvegia e dal suo periodo trascorso nelle Isole Lofoten.
Al rientro da quel viaggio, i racconti del Querini rimasero in sordina, poiché in quegli anni la Repubblica poteva contare, grazie ai mari e alle sue acque lagunari, di grosse quantità di pesce fresco tutti i giorni.
Fu grazie all’arcivescovo di Uppsala Olaf Manson, detto Olao Magno, che nel 1555 intervenuto al Concilio di Trento, diede alle stampe un suo volumetto, che raccontava la storia delle genti del nord in cui tra l’altro menzionava lo stoccafisso rammentato dapprima dal Querini.
All’indomani del Concilio di Trento e l’introduzione del decreto su astinenze e digiuni, i veneziani iniziarono a importare dal nord Europa cataste di stoccafissi, cibo perfettamente adatto per i giorni di magro, ossia tutti i venerdì, l’Avvento, la Quaresima e le Vigilie delle più importanti solennità religiose.
Venezia divenne per i due secoli successivi il punto di arrivo e smistamento dello stoccafisso proveniente dalle Isole Lofoten.
Più di ogni altro posto al mondo Venezia, e successivamente il Veneto, diventò la patria del baccalà.
Un alimento che si adattò bene all’epoca allo stile di vita dei veneziani e successivamente la sua permanenza nelle cucine venete lo ha reso un piatto di eccellenza.
Nei libri di cucina antichi, infatti, le ricette che si susseguono dedicate al baccalà sono innumerevoli.
Vittoria Orlando
2025-07-19 18:51:54
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: 19
Partito da Creta per raggiungere le Fiandre con scopi commerciali, finì nelle isole norvegesi Lofoten, dopo un naufragio al largo dell’Irlanda. Fu accolto, lui stesso annotò nel suo diario di viaggio, con benevolenza dalla popolazione locale, da cui imparò le tecniche di conservazione del merluzzo che, essiccato al vento, resta merluzzo, ma cambia nome e diventa stoccafisso. Querini portò successivamente, e dopo un lungo viaggio di ritorno che taglia trasversalmente l’Europa da nord a sud, l’idea dello stoccafisso a Venezia, in cui il pesce si diffuse ed ebbe da allora grande successo in tutto il continente anche per le sue caratteristiche di cibo a lunga conservazione molto utile nei viaggi via mare tale da sostituire la carne, più facilmente deteriorabile. Il Veneto e la regione extracomunitaria norvegese del Norland hanno chiesto ufficialmente alla Commissione europea di riconoscere e creare dei percorsi turistico-culturali nel solco della storia europea, partendo proprio dalle vicende come quella di Querini che unisce terre così lontane ma che a tavola si trovano sedute fianco a fianco. Le storie di Querini e Caboto sono storie d’Europa, cosi come lo sono le strade percorse che passano dalle maggiori capitali e città del vecchio continente. L’occasione è quella degli Open Days 2014, una quattro giorni interamente dedicata alle regioni dei Paesi membri dell’Ue, che prevede una serie di workshop sui temi della cooperazione territoriale e sulle priorità riguardanti lo sviluppo regionale contenute nella strategia per lo sviluppo “Europa 2020” della Commissione Europea.
Daniela Leone
2025-07-19 17:49:55
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: 16
Il baccalà, o come dicono in veneto bacalà, è un alimento tradizionale della cucina veneta e ha una storia che risale al 1432, quando Pietro Querini, mercante veneziano e Senatore della Repubblica di Venezia, alla ricerca di fortune fuori dal mediterraneo, naufragò vicino all’isola di Rost in Norvegia.
Pietro Querini scoprì un alimento molto utilizzato dagli abitanti dell’isola: lo Stockfiss, ossia lo stoccafisso, che si trattava di un merluzzo mondato, salato e seccato all’aria per mesi fino a diventare molto duro e rigido.
Il mercante veneziano riuscì a ritornare a casa, dopo un lungo viaggio, e portò con sé questo alimento che venne subito apprezzato dai veneziani per la sua bontà, per la sua conservabilità e per le caratteristiche che lo rendono ottimo per lunghi viaggi via terra o via mare.
Ancora oggi in Veneto il termine baccalà identifica lo stoccafisso e non il merluzzo salato.
La storia del baccalà in Veneto vive un punto di svolta nel 1563, quando il Concilio di Trento impone l’obbligo di astinenza dalla carne per duecento giorni, suggerendo proprio lo stoccafisso come piatto magro.
In quel momento il baccalà diventa l’alimento principale nelle cucine della fascia più povera della popolazione, e viene legato ad altri alimenti poveri e tipici, come la polenta.
Il cuoco Bartolomeo Scappi inserisce il bacalà nel proprio ricettario, elevandolo a piatto della cucina italiana, oggi conosciuto e apprezzato in tutto il mondo.
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