:

Chi ha inventato i cantucci e il vin santo?

Marcello Martino
Marcello Martino
2025-09-12 09:15:13
Numero di risposte : 18
0
L’origine dei cantucci è antica e la ricetta dei noti biscotti è ormai legata alla tradizione toscana, che li ha trasformati in un classico. Pare, infatti, che degli antenati di questi biscotti venissero preparati già nel XVI secolo e fossero particolarmente apprezzati alla corte dei Medici. I cantucci hanno riscosso grande successo fin dalla loro origine. Alla fortuna degli oggi noti biscotti ha contribuito nell’800 anche il pasticcere di Prato Antonio Mattei. Egli ha, infatti, rivisitato la ricetta originale, aggiungendo le mandorle. La prima ricetta è stata, però, redatta nel 1779 dall’erudito pratese Antonio Bladanzi ed è ancora oggi conservata nell’Archivio di Stato della città.
Luigi Parisi
Luigi Parisi
2025-09-04 04:16:42
Numero di risposte : 17
0
Una regione che troviamo molto vicina alla nostra Sicilia con il suo mare, le sue opere d’arte e i suoi colori è la Toscana, a cui ci siamo ispirati per uno dei prodotti che più ci piace sfornare: i cantucci. Le prime attestazioni dell’esistenza dei cantucci si hanno nel XVII secolo quando nel 1691 il dizionario dell’Accademia della Crusca ne diede la seguente definizione: “biscotto a fette, di fior di farina, con zucchero e chiara d’uovo”. La prima ricetta documentata di questo dolce è un manoscritto, conservato nell’archivio di Stato di Prato, di Amadio Baldanzi, un erudito pratese del XVIII secolo. Antonio Mattei, pasticciere di Prato, ne mise a punto una ricetta divenuta poi classica, con la quale ricevette numerosi premi a fiere campionarie in Italia e all’estero, tra cui una menzione speciale all’esposizione universale di Parigi del 1867. La bottega di “Mattonella” esiste ancora oggi a Prato ed è considerata la depositaria della tradizione dei cantucci. Sull’origine di questo bizzarro nome del vin santo ci sono varie teorie. Una parla di un frate francescano che nel 1348 curava le vittime della peste con un vino che era comunemente usato dai confratelli per celebrare messa e che, quindi, fu subito etichettato come santo, per le miracolose proprietà curative che sembrava possedere. Secondo un’altra versione il vino fu denominato vin santo perché anticamente le uve venivano fatte appassire fino alla settimana santa per poi essere pigiate e torchiate. L’origine meno romantica, ma probabilmente più verosimile, è l’associazione di questo vino con il suo uso comune durante la funzione eucaristica.
Michele Basile
Michele Basile
2025-08-31 02:59:35
Numero di risposte : 17
0
La leggenda narra di un frate francescano che, nel disperato tentativo di salvare le vite dei senesi colpiti dalla peste, somministrava loro il vino adoperato nella celebrazione della messa. Ovviamente i malati non guarivano come per incanto, ma anche un solo sorso poteva portare una gradevole sensazione di sollievo, tant’è vero che al diffondersi della pratica e delle reazioni positive dei moribondi, si accompagnò la credenza che quel vino contenesse proprietà miracolose; fu così che quel vino da messa divenne il celebre “vinsanto”. 1691, Firenze. Il dizionario dell’Accademia della Crusca tenta di dare per la prima volta la definizione di “cantuccio”: “biscotto a fette, di fior di farina, con zucchero e chiara d’uovo”. Solo un secolo dopo è però possibile trovarne una ricetta ufficiale riportata su un documento, redatto da Amadio Baldanzi abitante a Prato. Nella seconda metà dell’Ottocento il pasticcere pratese Antonio Mattei, partendo dalla ricetta degli originali “biscotti di Prato”, la rivisita e la promuove come tradizionale rispetto alle tante varianti nate con il tempo. I cantucci, divenuti orgoglio dolciario del Made in Italy, vennero portati da Mattei all’esposizione universale di Parigi nel 1867, facendogli conquistare uno speciale riconoscimento internazionale. Tra cantucci e vinsanto, la Toscana sembra vantare una tradizione dolciaria ed enologica vecchia di sei secoli; oggi non c’è turista che non approfitti di una visita in Toscana per sperimentare il tripudio di sapori che genera l’assaggio di un cantuccio inzuppato nel vinsanto. Pur avendo origini così distanti nel tempo, il vinsanto pare derivare proprio da quello comunemente usato durante la messa. Questi due prodotti gastronomici toscani sembrano essere nati per incontrarsi, quasi non potesse esistere il consumo dell’uno senza l’altro.
Federica Rinaldi
Federica Rinaldi
2025-08-22 04:45:10
Numero di risposte : 24
0
La storia del Cantuccio Toscano risale almeno al XVI secolo. Il suo nome deriva da “cantellus”, ovvero “pezzo o fetta di pane”, che veniva ricotto per farlo durare più a lungo, altro non era che una galletta salata consumata già dai soldati romani durante le campagne militari. Secondo altri, invece, il nome deriverebbe dalla parola da “canto”, angolo, piccola parte, sempre riferito al pezzo di pane. A partire dalla seconda metà del ‘500, troviamo questi biscotti alla corte dei Medici, anche se pare non contenessero ancora le mandorle. È del 1691 la prima ufficiale definizione di “cantuccio” a opera dell’Accademia della Crusca: “biscotto a fette, di fior di farina, con zucchero e chiara d’uovo”. La prima ricetta vera e propria risale alla seconda metà del Settecento ed è opera di Amadio Baldanzi, presbitero e medico, e il manoscritto che la contiene è conservato all’Archivio di Stato di Prato. Ma a determinare la storia e la fortuna dei cantucci è il pasticcere pratese Antonio Mattei. Nato nel 1820 a Prato, divenne fornaio e pasticcere e nel 1858 fondò la ditta “Antonio Mattei biscottificio”. Il 29 settembre dello stesso anno iniziò la produzione di biscotti e cantucci. Fu lui a legare indissolubilmente il nome di Prato a questi biscotti e a fregiarsi del titolo di “Fabbricante di cantucci”, come recitava l’insegna del suo laboratorio aperto nel 1858. Le prime citazioni del Vin Santo risalgono addirittura agli inizi del Cristianesimo (I secolo d.C.), a voler forse indicare un tipo di vino particolarmente adatto al rito della messa. Secondo una leggenda senese, nel 1348, anno in cui si diffuse la peste, un frate domenicano distribuiva vino agli ammalati per portare loro un po’ di sollievo: da qui la convinzione che si trattasse di un vino miracoloso e, pertanto, santo. Un’altra ipotesi, invece, ne tarda l’origine di un secolo, precisamente al 1439, anno del Concilio Ecumenico indetto a Firenze da Papa Eugenio IV, con l’intento di riunificare la Chiesa di Oriente con quella di Occidente dopo il grande scisma. In quell’occasione i Medici organizzarono un banchetto in cui fu servito un vino passito: il Cardinal Bessarione, Vescovo di Nicea, esclamò “Hoc Xanthos est!” per la somiglianza che ravvisava con un vino passito “biondo” (questo significa letteralmente “xanthos”) sull’Isola di Xanto/Santo (Santorini, Grecia); questo fu subito assimilato dai partecipanti in latino con l’aggettivo “sanctus”, “santo” appunto.
Rosa Grassi
Rosa Grassi
2025-08-19 11:46:13
Numero di risposte : 17
0
Diverse sono le versioni sulla storia del Vin Santo e sull’etimologia del suo nome. Secondo una vulgata senese, nell’Anno del Signore 1348, momento funesto per l’intera Europa flagellata dalla Peste Nera, si dice che un frate francescano usasse il vino impiegato solitamente durante l’omelia, per curare gli appestati. Da qui si diffuse la convinzione che avesse miracolose proprietà terapeutiche, e con essa l’appellativo di “santo”. Circa un secolo dopo, durante il concilio di Firenze del 1439, Giovanni Bessarione mentre stava bevendo il vin pretto pare che avesse esclamato: “Questo è il vino di Xantos”. Il fine umanista si stava probabilmente riferendo ad un vino passito di Santorini. I suoi commensali confusero il termine Xantos con “santos”, pensando che Bessarione avesse scoperto caratteristiche salvifiche del prodotto. Una variante di questo aneddoto, molto più prosaica, racconta che Bessarione avesse semplicemente usato la parola “xantos” per riferirsi al colore giallo del vino. Quasi sicuramente l’origine etimologica più verosimile del Vin Santo, deriva dall’uso che se ne faceva durante le funzioni religiose. L’abbinamento più famoso è con i cantucci ma anche con un qualsiasi altro dessert quando il Vin Santo presenta delle note dolci, ma può essere accompagnato con formaggi erborati o con i crostini neri al fegato quando tende al secco.
Rita Orlando
Rita Orlando
2025-08-09 19:36:28
Numero di risposte : 17
0
Molto spesso i cantucci vengono confusi con i biscotti di Prato, proprio perché sono in molti ad attribuire la loro origine alla città toscana, grazie alla mano sapiente del pasticciere Antonio Mattei. Le differenze che sono alla base dei cantuccini e dei biscotti di Prato sono minime, ed ecco quindi spiegato il perché della confusione che si è instaurata intorno alle due tipologie di biscotti. I biscotti di prato hanno conservato una genuinità che esclude l’aggiunta di lieviti, grassi o aromi. Pare fossero già presenti nel XVI secolo ma che si siano affermati solo tra il 1500 e il 1600. Inizialmente non venivano realizzati con le mandorle, infatti la prima versione prevedeva fior di farina, zucchero e albume d’uovo. È nell’800 che le mandorle entrano ufficialmente nella ricetta dei cantucci tradizionali.
Marianita Grassi
Marianita Grassi
2025-07-30 08:28:26
Numero di risposte : 25
0
La leggenda narra di un frate francescano che, nel disperato tentativo di salvare le vite dei senesi colpiti dalla peste, somministrava loro il vino adoperato nella celebrazione della messa. Fu così che quel vino da messa divenne il celebre “vinsanto”. Solo un secolo dopo è possibile trovarne una prima ricetta ufficiale, riportata su un documento redatto da Amadio Baldanzi, abitante di Prato.