“Ricordo mia madre,quando ero bambina.Tirava fuori dalla madia vari sacchetti di farina-li aveva cuciti lei stessa con una stoffa resistente a quadrettini rossi-e assaggiava le farina per verificarne non il gusto ma la consistenza,e scegliere cosi’ la più adatta per preparare la pastella in cui avrebbe immerso gli anelli di cipolla e i fiori di cavolfiore prima di friggerli nell’olio caldo;cercava l’angolo più fresco della stanza per riporvi il mazzo di basilico immerso in poca acqua- il contatto con le foglie “le brucia” diceva-non diversamente da come,migliaia di anni prima,la donna neolitica lo aveva nascosto in un umido anfratto della caverna.mamma sosteneva che mia sorella Chiara e io dovevamo conoscere la cucina e il riposto, e saper fare tutti i lavori che si fanno in una casa: soltanto allora avremmo acquisito la capacità e l’autorevolezza per mandarla avanti. Spiegava come conservare i legumi in grandi sacchi-le minestre ci avrebbero nutrito tutto l’inverno,e come e dove appendere i festoni delle di salsicce tra gli scaffali;ci insegnava a scegliere i posti ben ventilati per stagionare i rozzi salami preparati in campagna, a controllare i grappoli di zibibbo appesi ai ganci per trasformarli in uva passa, a ritardare la maturazione di mele e cotogne e avvolgendole nella carta di giornale e al contrario ad affrettare quella della frutta da consumare subito disponendola all’aria e al sole, su reti di metallo…E mentre spiegava, mamma raccontava delle pietanze preferite dei parenti, “A nonna Maria le minestre piacevano bollenti” diceva,e schiudeva il pugno pieno di fagioli facendoli precipitare di nuovo,a cascata,nel sacco;poi immergeva le mani nel sacchetto di lenticchie piccole e scure ” Zio Peppinello andava pazzo per le lenticchie di Pantelleria” e arriminava fave secche, “Papà da bambino,quando era malato,si era fissato con il macco,che gli piaceva assai, e sua madre glielo propinò per una settimana intera,pranzo e cena. da allora papà non ne volle più sentire”.
Mamma ci rendeva consapevoli del potere muliebre che noi donne avremo esercitato in famiglia e sui mariti: da noi dipendevano il loro benessere e il piacere della tavola.
La cucina del buon gusto è l’ultimo libro in ordine di tempo entrato a casa mia, Simonetta Agnello Hornby è una scrittrice che amo da tempo, mi piace il suo modo di scrivere, mesi fa ho seguito una sua
intervista e da allora la amo ancora di più, il libro mi ha conquistata…leggerlo mi riporta a casa, nelle sue parole risento il profumo della cucine Siciliane, le abitudini delle zie e delle nonne e poi è un inno al mangiar bene e prendersi cura di noi a tavola anche quando si è soli…la cucina ci fa sentire umani dice Simonetta e io concordo in pieno con lei!!!
Non mi resta che chiudere con una ricetta sicula non potrei fare altrimenti oggi 😉
Polpette di Sarde
Ingredienti:
500g Sarde
200g Pane raffermo
Uva passa q.b
Pinoli q.b.
1 Uovo
2Spicchi d’Aglio
Cacio cavallo q.b.
Menta
Prezzemolo
500g Pomodoro pelato
Olio d’arachidi
Olio extra vergine d’oliva
Sale e Pepe
Pulite e sfilettate le sarde, mettete a bagno il pane raffermo per ammorbidirlo, spezzettate le sarde e mettetele in una ciotola, aggiungete la mollica strizzata, unite l’uovo,l’uvetta che avrete anch’essa ammorbidito, i pinoli, il caciocavallo grattugiato ( la quantità di questi ingredienti dipende dai vostri gusti), uno spicchio d’aglio la menta e il prezzemolo, salate e pepate. Formate le polpette e friggetele in abbondante olio caldo scolate e asciugatele.
In una padella soffriggete uno spicchio d’aglio con un cucchiaio di olio extra vergine d’oliva, aggiungete il pomodoro pelato salate pepate e cuocete su fiamma vivace per 15 minuti circa, unite le polpette e fate insaporire per 5 minuti , queste polpette sono buone da mangiare calde ma sono super se fatte riposare e servite fredde .