Viviamo, Lesbia mia, e amiamo
e non badiamo alle chiacchiere dei soliti vecchi troppo severi.
Il sole tramonta e poi risorge,
ma noi, una volta che il nostro breve giorno si è spento,
dobbiamo dormire una lunga notte senza fine.
Dammi mille baci, poi cento
poi altri mille, poi ancora cento
poi altri mille, poi cento ancora.
Quindi, quando saremo stanchi di contarli,
continueremo a baciarci senza pensarci,
per non spaventarci e perché nessuno,
nessuno dei tanti che ci invidiano,
possa farci del male sapendo che si può,
coi baci, essere tanto felici.
10/12 Nocciole Intere
“Rosa Lewis non era certamente una «lady» eppure il suo nome entra a buon
diritto tra quelli dei celebri edoardiani che, con i loro aristocratici
cognomi, i loro costumi liberi, la loro raffinatezza ed eleganza,
costituivano l’entourage del principe di Galles (Edoardo VII),
caratterizzando una stagione abbastanza lunga della vita londinese. Ma
Rosa Lewis, di modeste origini operaie (era nata a Londra nel 1867),
imparò ben presto a conoscere il cuore e il palato del principe e della
sua corte e, districandosi con estrema discrezione e riservatezza tra
regali sentimenti e nobili gusti, riuscì a intrecciare la propria vita a
quella della società edoardiana alla quale divenne in breve tempo
indispensabile. Bella, bruna, un po’ paffuta ma con due grandi occhi
vividi, a sedici anni Rosa lava in cucina le preziose porcellane di
Sèvres della contessa di Parigi, allora in esilio a Londra col marito,
il conte d’Orleans. A vent’anni è aiuto cuoca, ha un bel portamento, ha
imparato le buone maniere e alterna indifferentemente un ottimo francese
al più puro e ostinatissimo cockney. In questa illustre casa avviene il
primo incontro di Rosa con «Bertie», cioè con Edward Albert, principe
di Galles. Dell’incontro naturalmente ci sono molte versioni e la più
diffusa è quella per cui il principe, che prima degli altri era entrato
nella sala da pranzo, l’abbia vista, bella, giovane ed elegante dare gli
ultimi tocchi alla tavola e, scambiatala per una invitata, l’abbia
baciata. Il fatto è che da allora iniziò una frequentazione che negli
anni divenne amicizia, e i pranzi preparati da Rosa rappresentavano una
tale attrattiva che si trovò a lavorare in proprio. Pranzi cittadini e
feste campagnole, balli e cacce, breakfast colossali e cenette intime
della migliore aristocrazia londinese dipendevano dalla sua
disponibilità, e le dame, diffondendo la voce che Rosa avrebbe preparato
la tal cena o il tale pranzo, erano sicure di poter annoverare Bertie
tra i propri illustri ospiti. C’è da dire che Rosa, fedele alla sua
disciplina della riservatezza, non solo custodì sempre gelosamente i
mille segreti che conosceva, ma non lasciò mai trapelare nulla nemmeno
della propria vita sentimentale.”
A Onor del vero di San Valentino alla sottoscritta non è mai importato nulla, ricordo il terrore da adolescente quando il fidanzatino di turno si presentava tutto amorevole con un dono per me , ci avessero mai azzeccato, io non sono e non ero tipo da sbrilluccichi e robe varie , il massimo della mia vanità da pochi anni si limita a degli orecchini ogni tanto o qualche collana ma mai messe insieme, mi definisco minimal, capite quindi la mia delusione quando aprendo il mio dono mi ritrovavo tra le mani oggetti che già sapevo sarebbero finiti chiusi in un cassetto, con gli anni niente più regali in questo giorno, è una regola fissa anche perché preferisco un dono inaspettato, in un giorno qualunque che significhi qualcosa per noi e non per il resto del mondo .
Ma nella la mia veste di blogger ho l’obbligo di pensarci un po’ a San Valentino , una cenetta romantica non fa male a nessuno , cominciamo con un antipasto;)
Ingredienti per 2 :
1 Barbabietola cotta
200g Salmone Affumicato
1Arancia
Olio d’oliva
1 Cucchiaio di Cren (Salsa al Rafano)
Sale e Pepe
Prezzemolo per guarnire
Sbucciare e tagliare a fette sottili la barbabietola. Pelare un arancia al vivo ,tagliare la polpa a fette dentro un piatto in modo da conservare il succo, mescolare con un cucchiaio di cren ( io ho trovato la salsa al rafano da Ikea , ma potete sostituirla anche con della maionese, visto il gusto particolare del rafano che non piace a tutti ). unire 2 cucchiai di olio, salare ,pepare ed emulsionare bene gli ingredienti, a questo punto non ci resta che comporre il piatto, disporre le fette di salmone sul fondo, mettere sopra lo strato di barbabietole a fettine e infine le fette di arancia condire con la nostra salsetta. lasciare riposare in frigo e servire freddo.
il ginseng (Panax ginseng) è una pianta bassa che produce piccole bacche rosse traslucide, e cresce nella parziale penombra delle foreste del nord della Manciuria e della vicina Corea.
È ricercata attivamente per le molteplici virtù fortificanti della sua radice, che assomiglia a quella del prezzemolo o della sassefrica. A causa dell’estrema rarità, questo prezioso farmaco della medicina tradizionale cinese, un tempo si vendeva a prezzi esorbitanti, nel secolo scorso si arrivava anche a sette o otto volte il suo peso in argento, costava “più del suo peso in oro”.
In gran segreto, audaci cacciatori di pelli si inoltravano nel profondo delle foreste ai confini con la Corea, per cercarla, e molti di loro pagarono con la vita questa ricerca avventurosa. Sulla strada del ritorno venivano attesi da briganti in agguato, che cercavano di impadronirsi del prezioso ginseng che avevano raccolto, tendendo Loro delle imboscate. All’inizio del nostro secolo, uno scrittore russo, Michel Prichvine, incontrò sei uomini grandi e grossi, ben armati, che scortavano e proteggevano uno di questi cacciatori di pelli, che aveva con sé una preziosa “Radice di vita”. Riferisce che erano tutti affascinati dallo straordinario navone cosparso di sottili radichette. Un’altra volta Prichvine ebbe occasione di osservare un cacciatore vestito “sul davanti con un grembiule cerato per proteggersi dalla rugiada, e sulla schiena con una pelle di tasso che gli permetteva di sedere sul terreno umido e riposarsi”. Per dissotterrare la radice, si serviva di un bastone e di un piantatoio d’osso di cervo.
I cacciatori che avevano avuto successo, avevano l’abitudine di incidere uno zhaotou (un segno), sull’albero ai piedi del quale avevano trovato la radice. In tutti i tempi, i tuberi più pregiati e più preziosi, furono quelli la cui forma ricordava stranamente una soma di bambola umana, dato che la radice si sdoppiava per creare le “gambe”, mentre altre escrescenze potevano suggerire la testa, le braccia ecc.
La crescita del ginseng è estremamente lenta; nel giro di un anno la radice non è più grossa di un fiammifero, e a tre anni deve venir trapiantata. A sei o sette anni giunge alla maturità. Ma sono stati rinvenuti dei ginseng di più di tre secoli. Nel 1982 venne dissotterrato un ginseng centenario: pesava 288 g. Una volta raccolta, la radice subisce tutta una serie di processi (essiccazione, ecc.). Per chi lo utilizza è consigliabile, per conservarne tutta l’efficacia, tagliare dal tubero “divino” soltanto qualche fettina sufficiente al consumo di qualche giorno. Il panax ginseng aromatico contiene amido, gomma e sostanze particolari, straordinaria-mente toniche, nove costituenti o principi attivi, nonché oli essenziali e oligoelementi (magnesio, calcio, fosforo, ferro…) e inoltre varie vitamine (B1, B2, C…).
“I cinesi, – scriveva nell’aprile del 1711 il Padre gesuita Jartoux al Padre Procuratore Generale della sua missione – sostengono che questa radice sia un eccellente rimedio per la spossatezza provocata da un eccessivo lavoro del corpo o dello spirito, che sciolga le flemme, guarisca la debolezza dei polmoni e la pleurite, metta fine al vomito, fortifichi la bocca dello stomaco e aumenti l’appetito, dissolva gli umori, ponga rimedio alla respirazione debole e affannosa, fortificando il petto, fortifichi gli spiriti vitali e produca linfa nel sangue: infine credono che sia ottima per i capogiri e gli stordimenti, e che allunghi la vita agli anziani”.
Quante virtù in questa radice magica! Sembra quindi che guarisca la tubercolosi, calmi i nervi, riduca la glicemia, stimoli il sistema nervoso centrale e perfino la circolazione cutanea. Quest’ultima proprietà ha avuto come recente conseguenza il suo impiego nella composizione di creme di bellezza, di saponi profumati e di dentifrici. Ma per moltissimo tempo i cinesi hanno creduto fermamente che questa radice conferisse un’eccezionale longevità a coloro che avevano i mezzi per procurarsela regolarmente. Per di più, si dice che il ginseng aumenti notevolmente le facoltà riproduttive. Nei manuali cinesi si legge inoltre che il tubero meraviglioso rinforza le pulsazioni cardiache, stabilizza l’influsso nervoso, guarisce la pesantezza di stomaco, migliora la vista, stimola l’attività cerebrale e aumenta la memoria e il benessere fisico! Quanto alla medicina moderna,.prende in considerazione soprattutto la sua azione stimolante (principalmente sulla corteccia cerebrale e sul ritmo cardiaco), la sua azione rilassante, contro la stanchezza e regolatrice dell’attività metabolica.
Il Ginseng dalle mille virtù, entrato nella mia vita più di un anno fa ormai, ha sostituito il caffè che non bevo più da quando ho smesso di fumare. Giorni fa cercando la ricetta di un dessert per il dopo cena, mi sono imbattuta nella ricetta della Bavarese al caffè, perché non sostituire il ginseng al caffè? fatto, quello che ora vi mostro è il risultato…dimenticavo Buon San Valentino!!!!
Sbattete i tuorli con lo zucchero, fino a renderli gonfi e spumosi, nel frattempo scaldate il latte ( non deve bollire)quando è caldo togliete dal fuoco e aggiungete il ginseng solubile( si trova nei super mercati più forniti) nel frattempo mettete in ammollo i fogli di gelatina, prendete il composto di tuorli e zucchero e versatelo sul latte al ginseng mescolando bene per evitare la formazione di grumi.Aggiungete la gelatina strizzata e rimette tutto sul fuoco per far sciogliere la gelatina, lasciate raffreddare un po’. Montate la panna e aggiungetela al tutto con molta attenzione, versate negli stampini da voi scelti e ponete in frigo per circa 3 ore .
Per la preparazione di questo dolce ho usato lo stampo WITH LOVE – CUORICINI della Pavoni
Se come me usate uno stampo al silicone la bavarese fa messa in freezer per evitare di rovinare il dolce durante l’operazione di sformamento